L’economia e ancor più i mercati finanziari sono indubbiamente “scienze imperfette”. Quasi sempre, infatti, la linea di confine tra la realtà “vera” e quella “percepita” è molto sottile. O, meglio, spesso a prevalere non è tanto la “legge dei numeri”, ma “l’atteggiamento” con cui ci si approccia. In altre parole, a fare la differenza, non di rado, sono i comportamenti emotivi: ci sono fasi, durante i vari cicli economici o di borsa, in cui a farla da padrone è un atteggiamento “risk on”, quindi rivolto all’assunzione di rischio nella convinzione che i prezzi delle varie asset class continueranno a dare più di una soddisfazione, altre in cui non c’è spazio che al “risk off”, dove tutti giocano in difesa, mettendo in pratica quello che, in tempi passati, riferito al calcio, si chiamava “catenaccio”, dove tutta la squadra si schierava negli ultimi 30 mt di campo per non prendere goal.
E’ ormai chiaro che ci troviamo, da quasi 18 mesi, ma ancor di più negli ultimi 6, nel primo caso.
Non passa giorno che, una volta da una parte, una volta da un’altra, i mercati azionari non ritocchino qualche record, qualche asset non arrivi a segnare un nuovo massimo o i rendimenti obbligazionari non continuino a dare segnali di forza. Il desiderio di lasciarsi alle spalleanni durissimi (il Covid prima, la guerra alle porte dell’Europa poi – anche se l’Europa è stata “sfiorata”, per un certo periodo, non ancora del tutto finito, anche se molto inferiore, forte è stato il timore che potesse propagarsi, assumendo dimensioni apocalittiche -, l’arrivo dell’inflazione, con il rischio di piegare la crescita) è stato forse, in questi mesi, il “propellente” più importante.
Paradossalmente (ma neanche troppo), c’è stato un momento in cui erano proprio le “cattive notizie” a dare forza ai mercati: era, quella, la fase dei tassi a zero o sotto zero, quando tutti gli organismi monetari e governativi erano impegnati a fornire gli strumenti perché le economie si risollevassero. La pausa inflattiva ha imposto un brusco stop, modificando completamente i paradigmi: sconfiggere l’inflazione è diventato un imperativo, “ibernando” qualsiasi tipo di attività finanziaria. Ora siamo nella fase, invece, in cui le previsioni migliori del previsto sono lette piuttosto positivamente, guardando all’impatto che potrebbero avere sulla crescita dei ricavi aziendali e, ancor di più, dei loro margini (vd i dati sui dividendi aziendali resi noti da Janus Henderson). Oggi non solo la parola recessione è stata praticamente messa in soffitta, ma anche il termine soft landing sembra non più adeguato: non sono pochi, infatti, coloro che cominciano a parlare di “non atterraggio”, facendo riferimento ad un andamento generale che non da particolari segnali di cedimento. I motivi sono sempre gli stessi: la pressochè assoluta certezza che tra non molto le Banche Centrali inizieranno a tagliare i tassi, le elezioni americane di fine anno, che contribuiranno non poco all’espansione delle politiche fiscali, un’inflazione che, al di là di qualche “colpo di coda” (vedi i dati americani di febbraio), appare saldamente sotto controllo, crisi geopolitiche che, per quanto gravi, non impensieriscono più di tanto analisti ed investitori. Il tutto in presenza di una liquidità che continua a rimanere su livelli massimi.
In questo contesto, qualcuno (per es JP Morgan) comincia a ritenere che, con particolare riguardo ai mercati azionari, i prezzi abbiano raggiunto un livello piuttosto elevato, come confermano i livelli di p/e degli indici americani, mentre quelli europei sembrano più “a buon mercato”. E’ fondamentale, pertanto, che le previsioni di crescita dei margini aziendali trovino conferma nei dati che di mese in mese verranno comunicati: un loro calo, infatti, potrebbe segnare la fine “dell’idillio”, almeno per i mercati azionari. Per quello obbligazionario, invece, si ritiene che il “momentum” sia destinato a continuare, come l’andamento degli spread lascia intendere: ieri il nostro è arrivato a toccare i 123 punti, per poi risalire un pochino (ma ad ottobre 23 era a 210…). E non potrebbe essere altrimenti, visto che, per quest’anno, tutti prevedono una “limatura” che dovrebbe posizionarsi tra lo 0,75 e l’1%, con almeno 3 tagli.
Dopo la chiusura frastagliata di ieri a Wall Street, questa mattina segnali di ripresa della borsa giapponese, con il Nikkei che riprende a salire (+ 0,29%).
Leggero ribasso per Shanghai (- 0,18%), probabilmente cauti viste le decisioni del Congresso Usa in merito a Tik Tok (se vuole continuare ad essere presente sul mercato americano la proprietà cinese non deve avere il controllo della società).
Più debole Hong Kong, dove l’Hang Seng perde circa lo 0,9%.
Ovunque positivi i futures, tutti in rialzo, con percentuali tra lo 0,20 e lo 0,40%.
Petrolio di nuovo in salita, con il WTI a $ 79,88 (+ 0,08% questa mattina).
Gas naturale Usa $ 1,666 (+ 0,24%).
Oro a $ 2.173 (- 0,43%).
Spread sempre più giù, a 121,6.
BTP al 3,59%.
Bund 2,36%.
Treasury in leggero rialzo, al 4,20%.
€/$ fermo a 1,0935.
Supera i $ 74.000 (74.030) il bitcoin, con qualcuno che comincia a pensare che possa arrivare a $ 150.000.
Grazie come sempre per l’attenzione.
Ps: Roman Polanski quest’anno compirà 91 anni (è nato il 18 agosto 1933) ed è considerato uno dei più grandi registi che il cinema abbia avuto. Nonostante questo, rischia di essere ricordato più per i suoi processi sulle presunte violenze su minorenni che per la sua arte. I suoi guai (per una condanna definitiva da parte di un tribunale USA non può più tornare in quel Paese in quanto verrebbe immediatamente arrestato) però non sembrano essere finiti: in questi giorni, infatti, è emerso un nuovo episodio, risalente a più di 50 anni fa, per il quale è stata fissata la data della prima udienza (sempre negli USA): sarà il 4 agosto 2025, qualche giorno prima del suo 92° compleanno. Forse, però, siamo fuori tempo massimo….